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La Dea

Nel Fucino la leggenda vive tuttora. Angizia abitava una grotta dalle parti di Pescina, e di notte appariva come una matrona alta, bellissima, con un diadema di pietre preziose sul capo. Amava passeggiare sulle rive del lago di cui era genio tutelare. A luna nuova, si innalzava lentamente fino a che, eterea e gigantesca sfiorava con il diadema il cielo notturno. Poi si tuffava nell’acqua limpida. I Torlonia prosciugarono il lago derubando la dèa della sua delizia e lei divenne malinconica. Prima del terremoto del ‘915 che distrusse la Marsica, fu vista piangere per la sventura che incombeva sulla sua gente. Molte altre volte fu vista piangere.

Anche per Angizia c’è confusione con il mito greco. Nel V secolo d.C. Servio scriveva che era Medea giunta presso i Marruvii del Fucino: “Per questo i popoli chiamarono Medea Angitia, perché aveva insegnato gli incantesimi per soffocare i serpenti”. “Hic ergo populi Medeam Angitiam nominaverunt, ab eo quod eius carminibus serpentes angerent”.

Dicono infatti che Medea portò il figlio Marsio nel cuore della regione che da allora si chiama Marsica, e vi insegnò migliaia di sortilegi e di incanti. Per altri Marsio è figlio di Circe, ma è comunque lui che insegnò ai marsi il dominio sugli animali e l’arte di capire il loro linguaggio e farsi capire da loro. Infatti quando i ciaralli, i serpari, cantano, i serpenti si avvicinano fino a lasciarsi prendere. Anche Plinio racconta di queste nenie marse, ereditate da Medea, e Virgilio dice che i Marsi sanno soffiare nel corpo di un serpente fino a farlo scoppiare.

 



La Dea madre






I serpari