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La Dea

I primi uomini ritennero che il Principio del mondo fosse femminile, la “Dea”, con diversi nomi nelle diverse culture europee.

In Abruzzo si chiamò Maia, e il suo culto preistorico si ritrova ancor oggi. È profondamente diversa da quella, più nota, del mito greco. La nostra, sposa di Zeus e madre degli dèi e degli animali, come la canta Lucrezio, aveva un mantello color arcobaleno e, arrivando dalla Frigia, approdò sul suolo abruzzese, dove poi fu Ortona. Aveva un corteggio di amazzoni dai grandi orecchini e dal corpo gigantesco, trasparente come l’aria azzurra. Tra le braccia stringeva il suo ultimo figlio, gigantesco anche lui e bellissimo, gravemente ferito in uno scontro cosmico. Una lancia gli aveva trafitto il costato e i begli occhi neri languivano.

Per sottrarlo ai nemici, lo nascose nei boschi montani deserti, sempre portandolo tra le braccia, finché lui morì. Maia lo seppellì sul Gran Sasso dove ancora oggi, sulla terza vetta verso occidente, si vede il tumulo. Lei continuò a vivere sulle nostre terre e quando si spense, le amazzoni pensarono che per la Grande Madre la tomba naturale, immensa, fosse la montagna che da allora prese il suo nome, Maiella.

 La Dèa primigenia dei Marsi fu Angizia. Se il nome sia da ango, soffoco, o anguis serpente, è questione di gusti, ma nella Marsica i serpenti sono ancora il centro della festa scesa dalla preistoria. Il sigillo di Angizia, conservato dal III secolo a.c., la rappresenta con due rettili nella mano sinistra. A San Benedetto, ‘ngizzia è una biscia nerastra e ‘ngizziare è il mordere delle serpi.

(continua) 








La dea dei serprenti